Dolore cronico e cure palliative: update al congresso SIARED

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Dolore cronico e cure palliative: update al congresso SIARED

Il percorso della medicina del dolore dalla storia dell'associazionismo scientifico fino all'impegno attuale per una sinergia di professionalità per curare al meglio i pazienti.

La sessione organizzata al 12° Congresso SIARED (Roma, 10-12 giugno 2016) dal prof. Franco Marinangeli ha presentato una panoramica su mezzi e uomini dedicati al dolore cronico e alle cure palliative.
Giustino Varrassi ha tratteggiato i momenti di storia associativa dell'algologia, a partire dal lavoro di veri e propri pionieri della specialità, quando ancora il dolore era considerato prevalentemente un sintomo. Pionieri come Bonica, Lipton e Swerdlow, che hanno promosso la fondazione della IASP®, International Association for the Study of Pain, e indirettamente la creazione di altre associazioni nate come "costole IASP", un fenomeno di gemmazione associativa che si è verificato anche in Italia, in alcuni casi per dare spazio ad ambiti specifici, come le cure palliative, oppure per accorpare interessi mirati a tecniche specifiche di trattamento. Sempre in Italia, dopo la fondazione nel 1976 del Capitolo italiano della IASP, l'Associazione Italiana per lo Studio del Dolore (tra l'altro una delle prime società scientifiche dedicate allo studio del dolore in Europa), sono stati avviati vari progetti di lavoro e ricerca, eventi formativi e molti esperti hanno partecipato attivamente alle commissioni ministeriali che hanno man mano dato vita ai comitati ospedale senza dolore, fino alla legge 38.
L'interrogativo posto nel titolo della relazione di Varrassi ("Dolore, società scientifiche e associazioni. caos o sinergia per i pazienti sofferenti?") ha sostanzialmente ricevuto una risposta equilibrata e realistica: documentate le radici profonde di lavoro scientifico poste a livello internazionale dalla IASP e italiano dall'AISD, le altre società dedicate al dolore con specifiche vocazioni hanno contribuito a dare voce e rappresentatività ai cultori della materia, con un fermento sicuramente positivo per aumentare la diffusione della disciplina. Una disciplina, la medicina del dolore, che è trasversale a varie specialità, ma che non ha ancora ottenuto il riconoscimento di specialità a sé stante. In Italia la dizione terapia del dolore è per ora solo stata inserita nella definizione della specialità in anestesia, rianimazione terapia intensiva e terapia del dolore.
Interessante è stata l'analisi delle ore formative dedicate al dolore nelle specialità mediche chiamate dalla legge 38 a costituire l'équipe di terapia del dolore. La specialità in anestesia resta sicuramente quella con maggior background formativo sul dolore, rispetto alle altre previste. Il resoconto in dettaglio è stato riferito dal prof. Franco Marinangeli che ha anche presentato un quadro della situazione degli hospice in Italia. Da questa raccolta di dati preliminari risulta a grandi linee che le strutture pubbliche sono quelle che rispecchiano di più le indicazioni della legge 38.
In molti momenti delle due sessioni, moderate da Domenico Gioffrè, Sergio Mameli, Maurizio Evangelista e Giorgio Morando, si è tornato a riflettere sulla legge 38, che non è riuscita ancora ad assicurare un adeguato trattamento ai pazienti su tutto il territorio italiano. Per una lunga serie di motivi, dalle difficoltà di organizzazione delle reti regionali, implementate a macchia di leopardo, con diversità da regione a regione, alle carenze informative e formative.
Per entrare più nello specifico dei mezzi a disposizione per curare il dolore oncologico, il dottor Danilo Miotti ha percorso in dettaglio l'evoluzione della scala analgesica OMS a tre gradini, che prevede una metodologia farmacologica a tre livelli, proposta nel 1986, con uso sequenziale di FANS o paracetamolo (dolore lieve), oppiacei deboli (dolore moderato) e oppiacei forti (dolore grave). Le linee guida OMS sottolineano l'importanza di credere al dolore riferito dal paziente, di un'anamnesi accurata, con corretta valutazione, per avere un quadro chiaro di come gestire il paziente, con una somministrazione a intervalli regolari e secondo intensità del dolore e in modo personalizzato, secondo le caratteristiche e la risposta del paziente.
Nel 1996 le linee guida OMS sono state sottoposte a revisione, confermandone nella sostanza la validità, sulla base di lavori scientifici nel frattempo pubblicati. Sono stati inseriti nuovi farmaci e modalità di somministrazione, come la via transdermica. La scala OMS risulta sostanzialmente valida, con il supporto di nuove linee guida come quelle dell'ESMO e dell'EAPC, con differenze nel secondo gradino, dove è prevista la possibilità di oppioidi forti a basso dosaggio. Anche le linee guida irlandesi recenti, del novembre 2015, hanno confermato che la scala OMS può essere d'aiuto. Tra l'altro, la modalità di produzione di quest'ultima linea guida è molto rigorosa. Sono stati infatti analizzati 460 articoli scientifici secondo criteri di revisione sistematica e con metodo AGREE.
La questione, ha sottolineato il dottor Miotti, non è in verità se la scala OMS è attuale, ma se la usiamo in modo corretto, insieme alle linee guida. Nel frattempo sono migliorate le conoscenze dei meccanismi alla base del dolore oncologico e la farmacogenetica ci ha aiutato a capire la differenza di risposta ai farmaci da parte dei pazienti.

Tra i trattamenti non farmacologici è stato presentato il ruolo della radioterapia 3D conformazionale, che permette di evitare di colpire i tessuti sani, scolpendo l'intervento attorno alla zona interessata dal tumore. Ne ha parlato il prof. D. Genovesi dell'Università di Chieti, che ha sottolineato l'importanza di elaborare percorsi di cura con i colleghi.
Un concetto ribadito con forza nell'intervento del Professor Ricevuto, oncologo ASL 1 dell'Aquila, che ha sottolineato fortemente l'applicazione della multidisciplinarietà, con un invito ai medici ad ascoltare di più i colleghi di altre specialità per una "simultaneous care" che sappia stabilire le priorità nella storia del paziente. Così come è d'altronde necessario integrare in modo più utile i vari piani di azione tra ricerca e clinica; purtroppo sussiste ancora un abisso tra ricerca clinica, letteratura scientifica e pratica clinica. Il professor Ricevuto ha descritto il piano di lavoro della rete oncologica della ASL 1 Abruzzo, con spiccata integrazione delle attività cliniche ospedalieri, territoriali, domiciliari, con ambulatori oncologici distrettuali, consulenze psicologiche, nutrizionali e un board oncologico multidisciplinare.
Il dottor Giuliano De Carolis di Pisa ha presentato le tecniche invasive più avanzate disponibili, con precisa indicazione di modalità e appropriatezza di utilizzo, mentre il dolore pelvico perineale è stato analizzato dal prof Vincenti, primario di anestesia, rianimazione e terapia antalgica dell'Ospedale di Dolo, dal punto di vista fisiopatologico e psicologico (con particolare riferimento a vulvodina e ano fantasma).

Lorenza Saini
13 giugno 2016

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