I pazienti ci scrivono: nevralgia posterpetica

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I pazienti ci scrivono
Una terribile sofferenza neuropatica post-erpetica

Una terribile sofferenza neuropatica post-erpetica al petto e alla spalla sinistri dal 2009, determinata da sottodosaggio che definisco criminale

(Talavir 1000) una ogni dodici ore per sette giorni), mi costringe a trattare un argomento che mi possa condurre alla ricerca di possibili soluzioni.
La mia vecchia abitudine professionale a dovere individuare con chiarezza e precisione la causa di un qualsiasi evento che abbia determinato un caso da sanare mi induce a percorrere sin dall'origine l'iter dell'evento che mi ha aggredito. Comprendo appieno che Loro possano conoscere nei minimi particolari quanto mi accingo a scrivere, ma ciò si rende necessario per chiarire quanto intendo esprimere in seguito. Da quanto di mia conoscenza l'Herpes Zoster si manifesta per effetto del virus della varicella annidatosi in incubazione presso un nervo od un ganglio nervoso.
A seguito di particolari condizioni fisiche della persona detto virus si risveglia e si attiva devastando un tratto di guaina mielinica del nervo presso cui si è annidato.
Secondo quanto già si conosca, quando un virus è attivo, emana fiumi di "tossine" che navigano lungo il nervo aggredito e si stazionano nei pressi dei filamenti nervosi periferici, provocando un processo infiammatorio che dà luogo alle verruche da cui si rileva la presenza dell'Herpes Zoster.
Dette tossine, per la loro particolare attività infiammatoria, si insediano presso la cute, conferendo in tal modo ai filamenti nervosi periferici della zona la funzione di "recettori del dolore interno", provocando la "neuropatia". A mio avviso, fino a quando le tossine non potranno essere rimosse, il processo infiammatorio da loro provocato continuerà a persistere, conferendo la cronica capacità recettiva del dolore ai filamenti nervosi interessati che determinano la neuropatia (dolore cronico).
Sussistono contemporaneamente tre tipi di dolore: "lancinante", "lacerante" e "da contatto": il primo alla spalla sotto la scapola come punta di pugnale nella carne, il secondo al petto sopra la mammella come strappo a crudo della pelle, il terzo come poggiare un dito su una ferita aperta su tutta la zona neuropatica : sono strazianti! E' da impazzire.
Da oltre un anno solo il mio dolore lacerante al petto ha subito una notevole riduzione con l'uso del cerotto con capsaicina applicato dal dr...........
Quindi, la neuropatia post-erpetica dovrebbe potere cessare solo mediante la eliminazione delle tossine con mezzi da inventare e studiare.
Sono state sperimentate tante terapie che tendono a desensibilizzare il nervo, ma ancora con risultati scadenti.
Attualmente vengono previste: l'alcolizzazione, la resezione del nervo, l'impianto di elettrodi neurostimolatori midollari, il cerotto con capsaicina ed altro, nonché terapie mediche pesanti: tutte cure palliative che non conducono alla guarigione.
Sembra che gli indirizzi terapeutici sopra menzionati mirino solo alla possibile riduzione degli effetti (dolore percepito periferico) e non della causa (dolore interno) della neuropatia. Attualmente è in uso anche l'applicazione della Tens che a mio avviso sembra produca "effetto contrario" a quello sperato, in quanto determina un aumento di carica elettrica nel nervo con conseguente maggiore scarica a massa nella zona demielinizzata e ciò inasprisce il dolore (sperimentato di persona), ampliando anche la perimetrazione della sofferenza.
L'atroce sofferenza che a volte induce ad invocare la morte quale atto di liberazione mi ha spinto a pensare a tante possibili ipotesi di terapie forse non ancora pensate e che vanno individuate, studiate e sperimentate.

Ipotesi
Atrofizzazione permanente della parte focale (pochi centimetri quadrati) della cute invasa dalle tossine mediante applicazione di unabintensa fonte di calore (bruciatura) con l'uso dei raggi Laser, previa anestesia locale.
Certamente l'atrofizzazione renderebbe desensibilizzata la cute con inibizione almeno del dolore da contatto.
E' una ipotesi che ritengo sia meritevole di approfondimento anche per un senso di umanità verso tanti sofferenti attualmente senza speranza.
Anche se dovesse sortire effetto solo per il dolore da contatto, sarebbe una notevole conquista per il sollievo che ne deriverebbe.
Va precisato utilmente che praticando una pressione con la mano sulla parte neuropatica il dolore si calma.
Altre possibili soluzioni potrebbero configurarsi nella rimozione della cute schiavizzata dalle tossine mediante trapianto di cute libera, oppure con applicazione di un acido che renda ruvida la cute.
Sono ipotesi che mirano alla eliminazione della causa del dolore che provoca la neuropatia.
Il riferimento all'ipotesi di causa del dolore (percepito) sussistente in periferia trova la sua realtà nella prescrizione all'uso dei cerotti con capsaicina ed ai cerotti anestetici lidocaina 5%, i quali esplicano la loro efficacia solo in superficie (sul dolore percepito) e ciò dimostra che gli studiosi intendono operare in superficie quale sede degli effetti neuropatici (a mio avviso la prova del nove).
Spero non mi si licenzi con la frase "Lei legge molto!
Sarebbe gradito un cenno di riscontro.
(FV, Taranto)

Risponde il dottor Nicolino Monachese

Gentiissimo, purtroppo conosciamo bene la sofferenza che porta con sé una persona afflitta da nevralgia post-erpetica.
Essa stessa è pure patrimonio della cultura popolare: non a caso questa malattia è chiamata volgarmente "fuoco di Sant'Antonio", poiché nel suo talora lunghissimo decorso al malato sofferente non restava altro che invocare il Santo taumaturgo.
Come lei ha appreso, questa malattia è la complicanza di una "riaccensione" secondaria dell'infezione da varicella-zoster virus. E non è causata da una specifica tossina prodotta dal virus, bensì dalla replicazione dello stesso che danneggia in maniera irreversibile le fibre nervose in cui si riproduce, producendo gradi diversi di lesione da persona a persona, talora irreversibili. Tale danno consiste in una "fibrosi cicatriziale" (ovvero la sostituzione dei neuroni morti da parte di tessuto fibroso, inerte) che coinvolge la fibra nervosa in tutto il suo percorso: dalla cute, dove le fibre nervose sensitive nascono, sino al midollo spinale, dove terminano "agganciandosi" con una sinapsi al secondo neurone deputato a trasmettere il segnale doloroso sino al cervello. Talora, il danno causato dall'infiammazione è così esteso che si può giungere ad una mielite erpetica (infiammazione con necrosi e sanguinamento all'interno del midollo spinale) o addirittura ad una meningo-encefalite erpetica (infiammazione con necrosi e sanguinamento delle meningi e dell'encefalo).
La fase di infiammazione, in cui compaiono le lesioni cutanee (papule che poi diventano in ordine cronologico vescicole, pustole e croste) dura poche settimane. Ciò che causa il dolore nei mesi ed anni successivi, ovvero nella nevralgia post-erpetica, non è l'infiammazione che si auto-mantiene, bensì il danno anatomico del nervo che questa si lascia "dietro le spalle" una volta estinta. La fibra nervosa non si comporta come una singola entità nel suo funzionamento, ma si interfaccia con tutte le fibre nervose delle zone vicine nel suo funzionamento. Ed è un'entità plastica: tenta di ripararsi in conseguenza di un danno. Se il danno è eccessivo, questa non tornerà mai a condurre impulsi elettrici in maniera prevedibile e modulabile come accade nella normale fisiologia nervosa.
Accade allora che impulsi nervosi deboli e normalmente "innocui", come il tocco su qualsiasi zona della cute innervata da fibre nervose patologiche, causi violente scariche dolorose: il dolore che lei definisce "da contatto". In semeiotica, si chiama "allodinia", ed è causato da una conduzione anomala dell'impulso elettrico dalla periferia al cervello. Ed accade che le fibre nervose, nei punti in cui sono lesionate e si sono rigenerate in maniera anomala in prossimità delle cicatrici, scarichino spontaneamente e continuamente impulsi elettrici che vengono interpretati dal cervello come dolore. Questo è quello che lei percepisce come dolore "lancinante" e "lacerante".
Ha detto bene: tutte le soluzioni a disposizione della medicina, ad oggi, mirano ad una palliazione del sintomo dolore. Perché purtroppo non disponiamo ancora di metodi che possano prevenire o invertire la degenerazione del sistema nervoso causata dal virus. Ed è altrettanto vero che la cute sia un bersaglio interessante nella cura della nevralgia post-erpetica. Il cerotto che contiene capsaicina, una sostanza normalmente contenuta nel peperoncino, non fa altro che "atrofizzare" le fibre nervose dell'epidermide, in modo che diminuisca la quantità di stimolo elettrico inviato dalla cute ai nervi danneggiati. Sempre sulla cute si sono concentrati nel corso degli anni numerosi (e talora pure discutibili e fantasiosi) tentativi di intervento per la nevralgia post-erpetica, proprio perché ci si ritrova, in tali circostanze, al cospetto di un ammalato disposto a tutto pur di lenire la sua sofferenza. Ricordo uno dei più avventurosi, che consisteva nello scollamento della cute nella zona con dolore iniettando ossigeno nel tessuto sottocutaneo. Il problema è che, come detto poco sopra, la cute contribuisce a peggiorare il problema, ma da sola non rende conto del meccanismo neuropatico nella sua interezza. L'interruttore "a valle" di tutto il processo patologico si trova in un nucleo del cervello chiamato "talamo", e nemmeno lì risiede tutta la chiave del problema. I tentativi di neurostimolazione elettrica del talamo non hanno condotto a risultati soddisfacenti. Così come non lo hanno fatto i tentativi di "cordotomia" (interruzione delle fibre nervose sensitive a livello del midollo spinale tramite un ago-elettrodo), poiché dopo alcuni mesi si assiste ad una rigenerazione delle fibre nervose, ed alla ricomparsa del dolore a fronte di un tentativo terapeutico particolarmente invasivo e gravato da un consistente rischio di sviluppare complicanze gravi, sino alla morte.
Alcuni tentativi terapeutici, a volte peggiorano il problema. E' il caso, come lei riporta, della TENS, che in presenza di una via di conduzione anomala della cute può esacerbare il dolore.
Apprendiamo (dal codice fiscale che riporta nella sua missiva, perdoni l'intrusione) che si è ammalato di Zoster all'età di 79 anni. Le statistiche ci dicono che in tale fascia di età circa il 75-80% dei pazienti sviluppi una nevralgia post-erpetica dopo l'infezione. Ovviamente non ci è dato sapere il motivo di riduzione di dosaggio del Talavir che le fu prescritto, ma non fatichiamo a ritrovare in tale scelta un atteggiamento prudenziale del medico, che sarebbe giustificato per età, al fine di scongiurare effetti avversi neurologici e renali potenzialmente anche gravi. La durata di sette giorni della terapia risulterebbe congrua qualora al termine della stessa lei si trovasse già nello stadio di formazione delle croste. Come è vero che la terapia con antivirali riduce il rischio di sviluppare una nevralgia post-erpetica, è altrettanto vero che questo rischio comunque non si annulla. Purtroppo, a priori, nessun intervento terapeutico avrebbe potuto scongiurare del tutto il rischio di sviluppare questa temibile complicanza.
Non sappiamo quanti e quali tentativi terapeutici, oltre al cerotto con capsaicina e alla TENS, abbia intrapreso sinora, e pertanto non possiamo esporci circa possibili alternative siano percorribili in questa sede. Qualora lo desiderasse, siamo ovviamente a disposizione.

Dott. Nicolino Monachese
Direttore U.O.C. Anestesia, Terapia Intensiva e Terapia Antalgica
Ospedale di Stato della Repubblica di San Marino
Associazione Sammarinese per lo Studio del Dolore
Associazione Italiana per lo Studio del Dolore

23 maggio 2016

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