Abuso di oppioidi per scopi terapeutici: un "international affaire"

Abuso di oppioidi per scopi terapeutici: un "international affaire"

Dopo molti anni spesi a cercare le modalità per semplificare la possibilità per i medici di prescrivere gli oppioidi con le stesse modalità di ogni altro farmaco, oggi quasi si è travolti da una crescente ondata di "campagna contro". Alla "campagna contro" stanno contribuendo anche key opinion leader che dovrebbero analizzare con maggiore attenzione le cose e le potenziali conseguenze di ciò che dicono e scrivono. Il dibattito che si è aperto sull'articolo comparso ad aprile su Pain, con commenti di Willem Scholten e Jack Henningfield (dei quali si riporta un blog inviatomi dallo stesso Scholten), ne sono una chiara dimostrazione.

Di fatto il tema del misuso/abuso/assuefazione nei pazienti con dolore curati con oppioidi è trattato con una leggerezza pericolosamente disarmante. In particolare non se ne analizza la reale entità, i luoghi dove ciò viene studiato, le motivazioni per cui ciò accada (se è vero che accade). Scholten e Henningfield analizzano gli aspetti scientifici dell'articolo di Vowles et al.,, evidenziandone la scarsità qualitativa e la pericolosità potenziale. Io farei una diversa analisi, avendo passato parte della mia vita di medico a combattere contro pregiudizi dei farmacisti, del sistema sanitario e, spesso, degli stessi pazienti, per poter liberamente prescrivere gli oppiacei, arma insostituibile nella "faretra farmacologica" di un clinico del dolore. La mia analisi parte da alcune riflessioni elementari, fatte sulla base di esperienze vissute.
1. Da dove originano i dati allarmanti. Questo assordante grido d'allarme arriva (come spesso accade) dagli US. Le passate esperienze insegnano che quando inizia una tale campagna di sensibilizzazione quasi sempre c'è dietro un qualche interesse. Ricordo, fra gli altri allarmi, quello della SARS, costato ai sistemi sanitari di mezzo mondo cifre esorbitanti ma dimostratosi un "falso allarme". E' possibile che sia anche questo il caso? Non lo so. Lascio ai lettori la voglia di valutare e decidere se ciò è possibile. Non possiamo però dimenticare che la scuola americana di marketing è la numero uno al mondo e che la loro capacità di "vendere" a volte può passare attraverso campagne di stampa allarmistiche. D'altro canto, chi si sognerebbe di "risparmiare" quando si parla di situazioni di grande allarme per la vita dei potenziali malati...?
2. Potenziali perché del misuso/abuso/addiction. Alla base dell'uso degli oppioidi per scopo terapeutico c'è, ci deve essere, una prescrizione medica. Se il tema del misuso/abuso/addiction è reale, l'errore non può che annidarsi nel sistema costituito da: rapporto paziente/medico e rapporto paziente/distribuzione dei farmaci. Le motivazioni che possono alterare questi rapporti sono innumerevoli. In un SSN sano, però, la possibilità di sfuggire ad uno stretto controllo operato sul rispetto delle norme nazionali inerenti le prescrizioni di farmaci ad alta efficacia, come sono gli oppiacei, deve essere ridotta al minimo. Ad esempio, il controllo strettissimo sulle prescrizioni per singolo paziente, fatto con cadenza mensile, consente di vedere se e come le regole stabilite dagli organismi regolatori siano state infrante.
3. Possibili deterrenti. In questo campo la analisi si allargherebbe anche ad aspetti tecnici. Non credo sia questa la sede in cui farlo. In ogni caso, ritengo che il mondo del farmaco sarà presto in grado di suggerire innumerevoli modalità con cui si possa fare la prevenzione del misuso/abuso/addiction.
Guarderei, quindi, con ottimismo questo problema, riposizionando nella giusta ottica le "grida d'allarme" che arrivano dagli US. Non vorrei presto dover concludere con Scholten e Henningfield che "basarsi su numeri incredibilmente alti e non giustificabili di misuso e dipendenza non è nell'interesse del paziente e, quindi, è un "abuso sanitario".

Giustino Varrassi
12 agosto 2015

 

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